Platone narra nel mito dell’Androgino il motivo della ricerca di una persona con cui stare tutta la vita. Esisteva un essere unico, rotondo, di forma perfetta. La sua testa presentava due facce, ciascuna delle quali guardava in una diversa direzione. Era come se fossero due creature unite per le spalle, con due sessi diversi, quattro gambe, quattro braccia. Ma gli dei, come spesso accadeva, erano gelosi. Gelosi di quell'integrità e di quella capacità di poter affrontare qualunque difficile cammino, qualunque difficile fatica avendo la creatura una forza straordinaria, letteralmente doppia. Con quattro braccia lavorava di più, le due facce la rendevano sempre vigile e non la si poteva attaccare a tradimento. Era troppo perfetta: Zeus li avrebbe tagliati a metà per far sì che essi perdessero la loro forza. E così fece. Con un fulmine tagliò quell’essere in due creando l’ uomo e la donna. Coloro che abitavano la terra adesso dovevano andare alla ricerca della parte perduta, riabbracciarla e in quella stretta recuperare l’ antica forza, la capacità di evitare il tradimento, la resistenza per sopportare lavori faticosi. A questa ricerca Platone dà il nome di Amore.
Ho sempre pensato che Platone avesse una marcia in più. Decisamente. Ma il più bel modo in cui mi è stato raccontato, che è come ho cercato di proporlo, appartiene a un'anziana suora di Ancona che gestisce lì la Caritas. Lei aggiunse che ricerca vuol dire anche attesa. Che la nostra metà ci sta aspettando come noi aspettiamo lei. E che possiamo anche affannarci, ma quell'armonia tende a tornare da sola quando meno ce lo aspettiamo.
Voi che ne pensate?